I Racconti della Compagnia

Con questa sessione, inauguriamo i racconti nati dalla creatività dei nostri mebri della Compagnia degli Argonath. Un grazie speciale a Gimli, non potevamo cominciare in modo migliore!

IL LIBRO DEL TEMPO

La stanza era umida, buia e polverosa e ciò si addiceva perfettamente
allo scantinato di una vecchia biblioteca ormai dimenticata e nascostalibri
in un angolo di una remota città della Gran Bretagna di cui il nome e
la posizione sono conosciuti da pochi.
All’improvviso una porta si aprii, era di un legno vecchio e marcio, con
i cardini di ferro arrugginiti e ricoperti da uno spesso strato di polvere. Nel sotterraneo entrarono due persone. La prima attraversò la porta con decisione muovendosi sicuro verso gli scaffali pieni di libri; aveva in mano un grosso candelabro e alla luce delle candele si potevano distinguere i suoi lineamenti: era anziano ma non poteva avere più di settant’anni, aveva due occhi azzurri penetranti e glaciali, che risplendevano nell’oscurità della stanza. Il suo volto era una ragnatela di rughe ma la sua espressione era allegra, il suo nome era Josef ed era il bibliotecario.
La seconda persona invece, era ancora sulla soglia e si scrutava attorno con aria stupefatta, doveva avere sui quindici anni, aveva folti capelli castani sistemati in modo scomposto sulla testa, alcune ciocche gli ricadevano anche sulla fronte; i suoi occhi erano verdi, caldi e ingenui. Il suo nome era Devlin ed era un ragazzo come tanti altri con una sola, particolare abitudine: amava andare nel seminterrato della biblioteca del paese a cercare libri vecchi e nascosti, che pochi conoscono, per poi leggerli. Aveva scoperto che erano molto più interessanti dei libri che pubblicavano nella sua epoca. Il vecchio bibliotecario lo chiamò dal fondo della sala: “Muoviti ragazzo, non ho tutto il giorno!” Devlin si riscosse e lo raggiunse, camminando velocemente, seguendo la tenue luce delle candele.
Lui e l’anziano bibliotecario andavano abbastanza d’accordo. Forse ad unirli era la loro passione per i racconti e per i libri. Josef stava indicando uno scaffale pieno di libri grossi e polverosi: “Prendi quello che vuoi” gli disse “io ti aspetto su” detto questo indicò il soffitto poi porse il candelabro al ragazzo e tornò alla porta. Devlin guardò i libri uno dopo l’altro; solo uno attirava particolarmente la sua attenzione: non c’era la firma dell’autore ma solo una grossa copertina viola. Sopra c’era un simbolo molto strano. L’immagine rappresentava un orologio con dodici lancette uguali, ognuna puntata su un numero diverso, sotto si leggeva bene il titolo scritto a grossi caratteri color oro: “IL LIBRO DEL TEMPO”. Di lato, scritta a matita, c’era una piccola e leggera annotazione: “L’alchimista”.
Pochi minuti dopo Devlin stava camminando per la piccola strada che portava a casa sua con il libro stretto al petto. “Il libro del tempo” pensò. Decisamente un titolo interessante.
Una volta tornato a casa si sedette comodamente sul divano e osservò l’orologio attaccato alla parete: le 18:30. Si rilassò. Aveva un’ora di tempo prima che iniziasse la sua trasmissione preferita. Inoltre sentiva una voglia matta di leggere il libro della biblioteca che aveva ancora sottomano. Lo aprì e s’immerse nella lettura……………


medium_da%20parte%20del%20tempo_2CAPITOLO 1

“Il sole cominciava la sua parabola discendente, l’orizzonte cominciava a tingersi di rosso con qualche sfumatura arancione e gialla. La strada era, tuttavia, poco illuminata; immersa quasi completamente nel buio vi si affacciavano la piccola viuzza che aveva un’aria lugubre e tenebrosa, le finestre delle poche case erano sbarrate e incrostate di ruggine. All’improvviso un ragazzo imboccò il vicolo. Stava correndo.Il suo respiro era affannato e irregolare, inoltre continuava a guardarsi intorno come per paura di essere seguito. Aveva sottobraccio un fagotto avvolto in un mantello nero come la pece che stringeva al petto con disperazione. Dopo qualche minuto si pentì di essere entrato nel vicolo: lì chiunque poteva tendergli una trappola e la sua missione doveva essere portata a termine. Improvvisamente si fermò, come in ascolto di un rumore. Con una velocità sorprendente si gettò da un lato della strada, appena un attimo prima che una freccia sibilasse verso il punto in cui si trovava lui poco prima. Si nascose furtivamente dietro ad un barile e tese l’orecchio in ascolto stringendo con entrambe le braccia l’oggetto avvolto nel mantello spiegazzato. Si udivano due voci parlare sottovoce mentre il rumore di passi si faceva sempre più vicino: “Ti giuro che l’ho visto entrare qui dentro!” la voce apparteneva ad un uomo basso e grasso avvolto in un mantello viola troppo stretto per lui. Il secondo aveva il cappuccio calato sul volto; in questo modo la sua espressione rimaneva nascosta: “Mi fai solo perdere tempo!” sibilò, la voce carica di disprezzo. L’altro tentò di ribattere ma l’uomo con il volto nascosto lo precedette: “Andiamocene… recupera la tua freccia e poi andiamocene e niente storie! Qui non c’è nessuno…” concluse con un tono che non ammetteva repliche. Poi i due si dileguarono nell’oscurità. Il ragazzo aspettò almeno un ora prima di uscire allo scoperto: ancora nella lugubre strada del vicolo. Controllò più volte che non ci fosse nessuno poi tirò fuori l’oggetto dal mantello e vi passò l’indice sopra, poi uscì dal vicolo per esaminare l’oggetto alla luce della luna. Era un libro. Un libro viola. E il simbolo inciso sulla copertina era un orologio. Un orologio con dodici lancette.

Devlin sorrise. Quel libro era decisamente molto interessante. Si alzò dal divano e andò in camera. Stava cercando il suo segnalibro preferito, lo trovò solo dopo aver messo sottosopra tutta la stanza; aveva due sensi: da un lato si poteva vedere la scritta “La fantasia è magia” mentre dall’altra vi era l’immagine di un vecchio libro molto simile a quello che aveva preso nella biblioteca quel pomeriggio. Praticamente senza guardare lo infilò con delicatezza nel libro. Esattamente alla pagina a cui era arrivato. Poi lo mise sul comodino e tornò velocemente in salotto prendendo il telecomando e gettandosi di nuovo sul divano. Fece un breve zapping per trovare il canale, quando lo trovò fissò il televisore stupito. Non era quello il programma che stava cercando! Eppure………pensieroso si alzò e andò a vedere l’orologio attaccato al muro della cucina. Non apppena lo intravide sperò di aver visto male. L’orologio ticchettava tranquillo. Ma la cosa che più preoccupava Devlin era l’ora che segnava: le 20: 30. Il ragazzo era stupito. Com’era possibile che avesse letto il libro per due ore? Lui era sicuro di aver letto solo poche righe. Ma allora come poteva essere trascorso tutto quel tempo? Quel libro nascondeva un mistero. Devlin ne era sicuro. Inoltre non riusciva a spiegare quella voglia matta che aveva di leggerlo, era come se non potesse farne a meno. Più ci pensava più si convinceva che il segreto che custodiva quel libro fosse pericoloso, ………molto pericoloso…………
CONTINUA……….

SECONDA PUNTATA

L’uomo entrò nella biblioteca facendo scattare la serratura e si guardò attorno con aria furtiva. Poi, senza alcun indugio, si avvicinò al bancone dell’ingresso aprendo con delicatezza uno dei cassetti. Ne tirò fuori un piccolo libricino blu che doveva essere il registo in cui venivano segnati i nomi e gli indirizzi delle persone che erano state alla biblioteca e i libri che avevano preso. L’uomo sorrise passando l’indice tra le righe, poi sussurrò: “ Accidenti! Sono stato un idiota, avrei dovuto controllare! Devo agire al più presto!”. Silenziosamente e velocemente mise il registro nel cassetto e uscì dalla biblioteca nell’aria fredda della sera. Poco dopo stava correndo.

Devlin non riusciva a dormire. Per quanto si sforzasse non riusciva a chiudere occhio e ora stava lì, a fissare il soffitto. Aveva lasciato il libro in soggiorno per evitare possibili tentazioni. In effetti aveva una gran voglia di leggere e, anche se lui si ripeteva che non era così, sapeva che era per colpa del libro. Devlin guardò la sveglia: le 00:20. Improvvisamente la finestra si spalancò portando con sé una folata di vento gelido. Il ragazzo si alzò e la chiuse ansimando. Poi si volse verso il comodino e cacciò un urlo: il libro del tempo era lì di fronte a lui. Aperto. Con rabbia Devlin lo prese e senza rendersene conto iniziò a leggere.

CAPITOLO 2

“Il ragazzo entrò in una locanda alle porte della città con il suo pesante fardello avvolto nel mantello. Il luogo era pieno di gente ubriaca che emanava un cattivo odore, ma il giovane non ci badò. In silenzio si avvicinò al bancone e con un cenno attirò l’attenzione dell’oste. L’uomo gli si avvicinò e gli chiese chi fosse e da dove venisse. Lui rispose: “vengo da lontano e il mio nome è Urek”. L’oste lo agguantò per un braccio e gli sussurrò con voce spaventata “Quel tizio ha chiesto di te quando è arrivato qua” disse indicando un uomo ricoperto da un mantello nero seduto in uno degli ultimi tavoli. “E ha chiesto di poterti parlare quando da qui se ne fossero andati tutti. Io gli ho detto di sì e….beh…” Urek lo interruppe “Non si preoccupi, lo aspetterò.” Attese per oltre tre ore prima di avvicinarsi silenziosamente all’uomo nell’ombra. Non aveva Idea di chi fosse e per questo strinse saldamente l’elsa della spada prima di sedersi accanto a lui. L’uomo non lo degnò nemmeno di uno sguardo anzi continuò a fissare il vuoto ignorandolo completamente. Dopo qualche minuto si sfilò il cappuccio rivelando il suo volto: era vecchio, rugoso e calvo, inoltre era privo dell’occhio destro. Il ragazzo strinse più forte la spada soffocando un moto di ribrezzo. L’altro continuò ad ignorarlo, poi senza nemmeno guardarlo sussurrò: “Seguimi…”. Un attimo dopo gli puntò un coltello alla schiena e aggiunse: “…se ci tieni a vivere”. Urek lo precedette fuori dalla locanda e si avviò insieme a lui attraverso le strade offuscate da una tenebrosa nebbiolina grigia.”

Devlin posò cautamente il libro sul comodino e tese l’orecchio. Lo sentì di nuovo. Un rumore proveniente dal piano di sotto. Sembrava che ci fosse qualcuno che singhiozzava in cucina. Con il cuore in gola per la paura il ragazzo si alzò e uscì dalla stanza. Sulle scale il rumore continuò. “Chi c’è?” gridò allora Devlin mentre sentiva crescere il panico. Il rumore cessò di colpo. Al giovane sembrò di vedere due brillanti occhi rossi scrutarlo dal fondo delle scale e una figura con un cappuccio nero che subito svanì. Rimase immobile cercando di riprendere fiato. Dopo qualche minuto si convinse che si trattava della sua immaginazione e tornò in camera. Per poco non cacciò un grido d’orrore: l’ombra era lì, immobile, accanto al comodino. Poi Devlin vide quello che aveva in mano: il libro del tempo. Una collera immensa si fece strada nel ragazzo facendogli perdere il controllo di sé. Con un urlo rabbioso si scagliò sulla figura incappucciara calciando, spingendo, picchiando, mordendo e cercando di portarle via il libro. Presa alla sprovvista l’ombra inciampò, cercando di opporre una debole resistenza alla furia del ragazzo, ma inutilmente. Scivolò e cadde rovinosamente a terra sbattendo violentemente la testa sullo spigolo del tavolino e lasciando cadere il libro che il ragazo prese al volo. Nell’istante in cui le sue dita toccarono la copertina Devlin tornò in se. Frastornato si rese conto di quello che aveva fatto e si avvicinò al corpo immobile sul pavimento sollevandone la testa con le mani. Subito le ritrasse e le vide inzuppate di sangue. Anche sul pavimento si stava formando una macchia rossa “Cosa ho fatto…” sussurrò. Proprio in quel momento la luna illuminò il voto dell’uomo incappucciato: era Josef.

La stanza era quasi completamente vuota, fatta eccezione per un letto e un comodino. Nessuno era venuto a fargli visita pensò Devlin con tristezza. Si sentì pervadere da un senso di angoscia. Cosa gli era preso? E perché Josef aveva tentato di prendergli il libro del tempo?. Guardò il letto sul quale era disteso il corpo svenuto di Josef.
“Non è stata colpa tua” il ragazzo sobbalzò.
Il bibliotecario lo stava fissando. Devlin fece per parlare ma il vecchio lo zittì: “E’ stato il libro.
”Faceva fatica a parlare. “Non distruggere il libro, altrimenti lui morirà”.
Il giovane non capiva: “Lui chi?” chiese preoccupato. Il vecchio lo guardò stupito poi rispose sempre ansimando: “Ma Urek, naturalmente”.
Devlin sentiva che la testa gli girava e dovette attaccarsi alla sedia per non cadere, poi un pensiero attraversò la sua mente: “T-tu c-c-come fai a sapere tutto questo?”. Josef non lo sentì neppure e gli disse debolmente: “Devi fermarlo, impedisci che la storia si ripeta, salva il tempo di Urek”.
Il vecchio chiuse gli occhi per un istante ma poi li riaprì subito e Devlin fece in tempo a domandargli: “Chi sei?”. Il volto del bibliotecario si illuminò e sorridendo rispose: “Sono il creatore del libro, io sono l’Alchimista…………

TERZA PUNTATA

CAPITOLO 3
“Il vecchio spinse Urek con violenza nella stanza buia e polverosa costringendolo a sedersi sull’unica sedia del luogo. “Cosa vuole da me?” chiese il ragazzo in un misto tra l’arrabbiato e lo spaventato. L’altro non gli rispose, anzi, fu lui a porgergli una domanda: “Cosa credi di poter fare? Ma almeno lo sai che cosa hai rubato? Sporco, piccolo ladro. Pensavi che saresti divenuto famoso rubando qualcosa all’alchimista?”. Era vero. Urek era penetrato nella casa dell’alchimista nella speranza di trovare qualcosa da mangiare. E quando aveva visto quel libro non aveva saputo resistere alla tentazione di prenderlo. Però era stato scoperto e costretto a rifugiarsi in un vicolo buio dove si era salvato per miracolo. Poi era andato nella prima locanda che aveva trovato con l’intento di fuggire. Una cosa però non gli tornava. “Perché quel libro è così importante?” chiese all’uomo che lo guardava con odio dal suo unico occhio. Questa volta rispose: “Quello non è un libro, qello è il libro. Il libro del tempo. Nel vero senso della parola. Non è stato scritto come libro, ma come arma. Quel libro risucchia il tempo delle persone che lo leggono e lo fa rimanere impresso nelle pagine. In questo modo la storia che vi è scritta è sempre diversa. Ma il tempo di una persona prima o poi si esaurisce e le vittime del libro invecchiano lentamente fino a consumarsi, anima e corpo nelle sue pagine. “Ah, un’altra cosa”, disse il vecchio a Urek: “Se il libro viene sottratto a colui che è vittima della sua maledizione la persona in questione diventa aggressiva e pericolosa. Farebbe qualsiasi cosa pur di riprendersi il libro e anche chi adesso sta leggendo questa storia e sa cosa lo aspetta non può salvarsi perché sentirà sempre l’assoluto bisogno di leggerelo”. Poi si voltò verso il giovane ladro e lo colpì in pieno volto con un pugno.”

Se non altro almeno adesso sapeva che cosa lo aspettava, pensò Devlin sollevando di scatto gli occhi dal libro. Aveva i capelli arruffati e sporchi di polvere. Quando capì che cosa stava leggendo lanciò lontano il libro del tempo con un urlo. Erano passati due giorni da quando era andato a trovare Josef in ospedale e ancora non riusciva a perdonarlo per quello che era successo: dopo che il vecchio bibliotecario gli aveva raccontato di essere l’alchimista e gli aveva chiesto di salvare il tempo di Urek aveva avuto anche il coraggio di affidargli quel difficile compito: ”Per fermare il cerchio una volta per tutte”, aveva detto Josef. Il ragazzo strinse i pugni. Non lo sopportava. Dopo che aveva saputo queste orribili verità per Devlin era stato ancora più difficile tentare di non leggere il libro. Il vecchio era stato dimesso dall’ospedale solo quella mattina e subito gli aveva dato appuntamento alla biblioteca al tramonto dove, aveva detto, gli avrebbe spiegato ogni cosa. Il ragazzo se n’era andato senza salutare, era tornato a casa e aveva preso un libro a caso tra i molti che aveva sul comodino. Doveva trovare un modo per dimenticare, almeno momentaneamente, tutte le cose orribili che erano successe durante gli ultimi giorni. Solo dopo si era reso conto di cosa stava leggendo. Quando guardò l’ora si accorse che era in ritardo. Non si stupì: se l’era aspettato. Era la prova di quanto fosse potente l’influenza che aveva il libro del tempo su di lui. Josef gli aveva detto di portare il libro: nient’altro. Uscì di casa come una persona che va al patibolo. Se non altro adesso avrebbe capito, pensò, ma quel pensiero non lo rincuorava affatto, anzi lo terrorizzava. Arrivò alla biblioteca ma Josef non c’era. Devlin non si fermò. La porta della biblioteca era aperta. Entrò e prese la strada che portava al sotterraneo. Prese una delle torce dalla parete e contò le altre: ne mancava una. Entrò nella stanza: Josef era al centro della sala. Aveva spostato gli scaffali in modo che non ingombrassero. Accanto a lui vi erano alcuni oggetti: un paio di robuste catene d’acciaio, un leggio di pietra e una rivoltella. “Molti anni fa, commisi un errore inconcepibile” iniziò a dire il bibliotecario senza alzare lo sguardo. Aveva una fascia che gli avvolgeva tutta la testa. Al solo vederla Delvlin rabbrividì: “Allora ero pieno di ambizioni e di brama di potere.” continuò il vecchio “Creai un manufatto che chiamai il libro del tempo: lo avevo creato perché fosse usato come arma, ma il mio assistente non resistette alla tentazione di leggerlo. Se sei già arrivato a quella parte della storia” disse poi “ è il vecchio privo di un occhio, solo che due settimane prima aveva diciassette anni” disse gravemente. “Riuscii a riprendere il libro ma poi, come dovresti sapere, Urek lo rubò e il mio apprendista divenne molto aggressivo. Poi il libro fu perduto e io lo cercai per tutto il mondo, finchè non lo ritrovai qui. Ma c’è ancora la possibilità di finire questa storia, una volta per tutte: ora io ti legherò ad una colonna per sicurezza, dopodiché leggerò il finale del libro.” Poi lo guardò e aggiunse: “Sembra un’impresa semplice ma la tua mente non sopporterà il fatto che io legga il libro e tu tenterai di uccidermi. Le catene non potranno reggere a lungo la tua furia. In questo modo esso potrà essere distrutto, prima che mieta altre vittime, e Urek tornerà dalla sua prigionia.” Per la prima volta da quando erano lì Devlin parlò: “ E la pistola?” chiese con aria preoccupata, stava sudando. Il vecchio abbassò lo sguardo: sembrava preoccupato. Questo inquietò il ragazzo ancora di più. “Non avrei mai dovuto immischiarti in questa storia ragazzo, mi dispiace” disse il vecchio sospirando: “Quando ho visto che avevi preso il libro ho tentato di portartelo via prima che lo leggessi ma era troppo tardi”. “Mi dica a cosa serve la pistola!!” urlò Devlin tremando visibilmente: “Mi serve per difendermi da te ragazzo” disse il bibliotecario con voce spezzata. A quelle parole Devlin cadde a terra frastornato. “Mi dispiace ragazzo disse il vecchio, mi dispiace che siano sempre gli altri a pagare per i miei sbagli, ma devi cercare di capire: solo io posso farla finita, solo io sono immune al potere del libro, solo io posso fare in modo che questa…questa…cosa non provochi più vittime, mi dispiace, ma ti lascio dieci minuti, poi ti incateno al muro, che tu lo voglia o no.” Concluse poi drammatico. “Io non voglio morire” disse il ragazzo in un misto tra l’incredulo e l’arrabbiato, ma Josef non gli rispose, si limitò a fissare per terra. Devlin si immerse in neri pensieri: in ogni caso doveva obbedire al bibliotecario, non aveva molta scelta. Gli ci volle un’immenso sforzo di volontà per alzarsi mentre piangeva. Si diresse verso il vecchio che alzò lo sguardo: “Sono pronto” disse Devlin. Il bibliotecario lo incatenò alla colonna al centro della sala e strinse il più possibile: “Ora cerca di trattenerti” disse Josef guardando il volto del ragazzo con aria grave. Poi gli sfilò il libro di mano con un gesto rapido. I muscoli di Devlin si gonfiarono tendendosi al massimo e lui emise un ruggito inumano protendendo il collo verso l’alchimista che indietreggiò spaventato: dietro agli occhi verdi del ragazzo brillava un’orribile luce assassina. Le catene scricchiolarono paurosamente. Josef aprì il libro e cominciò a leggere mentre, legato alla colonna, colui che era stato Devlin si dimenava con tutte le sue forze. Facendo più veloce che poteva il vecchio trovò l’ultimo capitolo.

ULTIMO CAPITOLO
“Urek sentiva che le forze cominciavano ad abbandonarlo mentre il vecchio apprendista dell’alchimista lo costringeva a leggere il libro ad alta voce. Il suo tempo si esauriva rapidamente mentre il vecchio rideva dietro di lui. Quando sentì le prime rughe solcargli il volto si preoccupò. Doveva agire se voleva sopravvivere. Con un enorme sforzo di volontà si voltò verso l’uomo dietro di lui e gli sferrò un calcio in pieno ventre. Poi cominciarono a lottare.”

Con un sonoro colpo le catene si spezzarono sotto la pressione di Devlin trasfigurato lasciando solchi sulla colonna di pietra. Con una forza ed una velocità inaudite il ragazzo si scagliò contro l’alchimista afferrandogli il collo con una presa di ferro. La torcia che l’uomo teneva in mano cadde distante appiccando il fuoco ad uno scaffale di libri ma nessuno dei due ci fece caso. Anche se con voce strozzata Josef riprese a leggere il libro che teneva ancora in mano:

“ Guidato da un istinto assassino Urek sbattè la testa dell’apprendista sul pavimento più volte, fino a quando quello non si mosse più, poi tornò sul libro e riprese a leggere mentre i suoi capelli diventavano bianchi.”

Devlin sbattè la testa dell’alchimista sul pavimento e si alzò con l’intenzione di finirlo ma il vecchio con una mossa fulminea avverrò la rivoltella e la puntò verso il ragazzo che gli si avventò contro urlando con voce inumana.

“Il suo tempo si stava esaurendo, Urek lo sapeva ma non poteva fare a meno di leggere avidamente mentre le sue mani si rinsecchivano e la sua pelle acquistava un lugubre pallore mortale.”

La rivoltella fece fuoco mentre nella stanza l’incendio dilagava

“I denti cominciavano a diventare marci e gli caddero, gli occhi erano furi dalle orbite. Proprio in quel momento il cuore di Urek smise di battere.”

Devlin fu scagliato in aria dalla forza della pallottola, il suo corpo attraversò la sala mentre degli schizzi rossi gli uscivano violenti dall’addome.

“Il suo corpo non fece nemmeno rumore cadendo sul pavimento, poi spirò e il suo corpo si dissolse come polvere.”

Il libro del tempo esplose non appena l’alchimista lesse l’ultima lettera. Era finita, era finalmente finita. Pensò con amarezza al povero ragazzo il cui corpo era accasciato contro la parete con un profondo buco che gli perforava l’addome. Dietro di lui un altro scaffale esplose e lui corse verso il corpo di Devlin e gli toccò il polso: era ancora vivo anche se molto debole. Velocemente chiamò un ambulanza e riportò il corpo del ragazzo nella biblioteca. Poi si chiuse nel sotterraneo e bruciò con i suoi libri.

Devlin rimase convalescente per due settimane e si svegliò quando ormai i medici avevano perso ogni speranza. Nel primo, lungo periodo faceva fatica a camminare e la cicatrice gli rimase per tutta la vita. Quando seppe che Josef era morto gli venne quasi da piangere, alla fine era riuscito a perdonarlo e, forse, alla fine era riuscito anche a capirlo. Non dimenticò mai quella notte e, per un certo periodo, continuò a sognarla.

Molti anni dopo, quando aveva già compiuto quarantacinque anni e si era trasferito a Londra, ricevette una strana telefonata: “Pronto?” aveva detto lui “Sei Devlin?” Aveva chiesto una voce. “Chi parla?” avava chiesto lui: “Sono Urek” rispose seria la voce.

NICOLO’ CORRADI

2008

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